di Anna Alberati
Pubblicato in occasione del secondo centenario della nascita di Fryderyk Franciszek Chopin (1.3.1810-17.10.1849)
In questa Biblioteca, dove la musica scritta che si incontra più frequentemente è quella Barocca, dal primo Seicento fino alla prima metà del Settecento, tra le fonti musicali compare tuttavia anche un certo numero di opere dell’Ottocento, fra le quali risultano diverse composizioni create per lo strumento romantico per eccellenza: il pianoforte. Ciò è dovuto all’acquisizione, avvenuta in tempi recenti, dell’Archivio di Giovanni Sgambati (1841-1914), un musicista di notevole importanza nell’Italia del secondo Ottocento. Pianista di precoce talento, si stabilì a Roma nel 1860, acquistando rapidamente una buona notorietà per il suo modo di suonare e per il carattere dei programmi che svolgeva nei suoi concerti. I suoi autori preferiti furono Beethoven, Chopin, Schumann, oltre a Bach e a Händel, dei quali fu interprete eccellente.
In procinto di recarsi in Germania allo scopo di perfezionarsi nello studio del pianoforte, nel 1862 Sgambati ebbe invece l’occasione di conoscere Franz Liszt, durante il secondo soggiorno romano di quest’ultimo (1861-70). Il compositore ungherese infatti soggiornò a Roma fino al 1870 e le sue diverse abitazioni divennero punti d’incontro di numerosi artisti italiani e stranieri, e soprattutto di giovani allievi. Anche per Sgambati il rapporto con Liszt fu particolarmente importante, sia per la sua vita artistica che per la sua stessa carriera di musicista e di compositore.
Oltre a effettuare una nutrita serie di concerti in tutta Europa, Sgambati si dedicò assiduamente all’insegnamento dello strumento, tanto da promuovere la nascita del Conservatorio di Santa Cecilia a Roma, del quale fu il vero artefice, accanto al violinista Ettore Pinelli. Infatti la nascita del primo nucleo della scuola di musica si deve proprio a Sgambati, che nel 1868 ottenne nella sede dell’Accademia di Santa Cecilia la concessione di un locale dove poter svolgere un corso gratuito di pianoforte riservato agli allievi meritevoli e poco abbienti, esempio seguito subito dopo da Ettore Pinelli che istituì a sua volta un corso gratuito di violino. Nel 1877 nacque così il Liceo Musicale Romano, mentre nel 1893 Sgambati fu nominato direttore artistico della Società Filarmonica Romana e fino agli ultimi anni della sua vita continuò a insegnare pianoforte e a favorire le iniziative musicali della città di Roma.
opere complete di Chopin edizione russa
Assieme alle numerose composizioni di Sgambati stesso, nell’Archivio Sgambati sono presenti numerose fonti di musica dei diversi autori che il musicista aveva studiato, eseguito e amato. Fra questi compare anche Fryderyk Chopin, del quale Sgambati possedeva due edizioni di opere complete: quella francese, stampata a Parigi da Schonenberger nell’anno 1860, che fu la seconda pubblicazione di opera omnia di Chopin, e quella di Pëtr Ivanovič Jurgenson, stampata a Mosca negli anni 1873-76, in 6 volumi, curata da Karl Klindworth. L’edizione russa venne stroncata senza pietà dal musicologo italiano Gastone Belotti (1920 -1985), uno dei più importanti studiosi di Chopin, con le seguenti parole: “Con la pretesa di far dire alla musica di Chopin più di quanto non fosse nelle intenzioni dell’autore, modificò, alterò, imbastardì la scrittura chopiniana al punto che in taluni passi neppure, quasi, la si riconosce; è edizione da evitare, ma purtroppo è stata presa come modello da molti revisori nei successivi 50 anni”.
Per quanto riguarda l’Italia, Chopin è uno dei compositori che subito fu conosciuto e amato: durante la sua vita le sue composizioni erano già pubblicate in Italia, in contemporanea o appena dopo le prime edizioni stampate in Francia, Germania e Inghilterra. Fu la casa editrice Lucca, di Milano, a stampare per prima alcune composizioni di Chopin, già dal 1835; successivamente furono tutte pubblicate intorno al 1870, stampate da Ricordi.
Un aspetto assai singolare della letteratura pianistica chopiniana sembra essere la storia delle edizioni a stampa di tutta l’opera di Chopin, così come risulta dalle affermazioni dell’illustre studioso Gastone Belotti, del quale si riporta per intero l’accurato esame critico da lui pubblicato sul Dizionario Enciclopedico della Musica e dei Musicisti Utet [1985]:
“Non vi è Paese musicalmente di rilievo, non vi è Casa Editrice di prestigio, che non disponga di una o più edizioni delle opere complete di Chopin:
1. La prima edizione fu quella inglese di Wessel & Co., Londra 1853, in 71 fascicoli, che si basò sulle prime edizioni stampate dalla stessa casa durante la vita del compositore.
2. Seguirono l’edizione di Schonenberger, Parigi 1860, in 12 volumi,
3. e quella di S. Richault, Parigi 1860, in 12 volumi, che si avvalse della collaborazione di Th. Tellefsen (che fu per 3 anni allievo di Chopin).
4. In Italia la prima edizione completa è quella di Francesco Lucca, Milano circa 1862, in 80 fascicoli, e dal momento che comprende tutte le opere postume pubblicate da Julian Fontana (esclusa l’op. 74), la sua può essere considerata la più completa delle edizioni che hanno preceduto la grande impresa di Breitkopf & Härtel.
5. Così si può dire per l’edizione polacca di Gebethner, Varsavia 1863, in 3 volumi, pubblicati con l’autorizzazione della famiglia del compositore.
Tutte le edizioni sin qui elencate si basano in un modo o nell’altro sulle edizioni originali e, nonostante numerosi errori, sviste, omissioni, talvolta dovuti ai manoscritti stessi, possono essere considerate come abbastanza fedeli alla volontà del compositore.
6. Questo non può dirsi dell’edizione di P.I. Jurgenson, Mosca 1873-76, in 6 volumi, curata da Karl Klindworth, che la ripubblicò con Bote & Bock di Berlino in 3 volumi: con la pretesa di far dire alla musica di Chopin più di quanto non fosse nelle intenzioni dell’autore, modificò, alterò, imbastardì la scrittura chopiniana al punto che in taluni passi neppure, quasi, la si riconosce; è edizione da evitare, ma purtroppo è stata presa come modello da molti revisori nei successivi 50 anni.
7. Poco dopo uscì la grande edizione di Breitkopf & Härtel, Lipsia 1878-80, il massimo sforzo fatto dall’editoria dell’Ottocento in questo campo, che in 14 volumi raccolse l’intera opera chopiniana basandosi sulle sue prime edizioni originali, sui manoscritti dai quali erano state tratte, affidando il lavoro di revisione a un imponemte corpo redazionale del quale facevano parte, tra gli altri, Johannes Brahms, Auguste Franchomme e Franz Liszt; è edizione accettabile, sebbene non manchi di sollevare problemi, anche di rilievo, sulla correttezza di qualche testo.
8. Contemporaneamente uscirono l’edizione di F. Kistner, Lipsia 1879, in 17 volumi, curata da Karol Mikuli, allievo di Chopin, che si avvalse della collaborazione di F. Müller, sua condiscepola
9. l’edizione di C.F. Peters, Lipsia 1879, in 12 volumi, curata da H. Scholtz, che si servì di alcuni esemplari delle prime edizioni appartenuti a R. de Konneritz e a G. Mathias, allievi di Chopin, con segnate alcune correzioni dell’autore: nonostante qualche apporto pregevole, nell’insieme si tratta di pubblicazioni che danno poco affidamento per quanto riguarda l’autenticità del testo.
Da questo momento [1879] le fonti principali di ogni edizione corretta, ovvero i manoscritti e le prime edizioni, furono abbandonate preferendo i revisori servirsi delle precedenti edizioni di Breitkopf & Härtel e delle revisioni di Mikuli, Scholtz e Klindworth, per lo più manomettendole, allontanandosi sempre di più dalla lettera e dallo spirito della scrittura chopiniana.
10. Come esempio di questo tipo di edizione può essere indicata quella di Ricordi, Milano 1925, curata da Attilio Brugnoli (seguite alle edizioni con revisioni di Stefano Golinelli nel 1879-80 e di Beniamino Cesi nel 1901), che avendo preso per modello soprattutto le revisioni di Klindworth e di Mikuli è tra le più lontane dai testi autentici.
11. Nel corso della Prima Guerra Mondiale uscì a Parigi l’edizione Durand & C.ie curata da Claude Debussy, il quale aspirava a fornire un testo il più possibile autentico, ma dovette lavorare molto in fretta …; tuttavia la sua edizione può essere considerata ancora utile, soprattutto perché rivela molti aspetti dell’interpretazione debussyana.
12. Una decina di anni dopo, sempre a Parigi, cominciò a uscire l’edizione Salabert curata da Alfred Cortot, scorrettissima e talvolta prevaricante nei testi; è da qualche insegnante considerata utile per gli esercizi che Cortot premette o annota alla maggioranza delle opere allo scopo di facilitare l’esecuzione dei passi più impegnativi.
13. Di concezione nuova è invece l’edizione della Oxford University Press, Londra 1932, curata da Édouard Ganche, che si basò su una raccolta delle prime edizioni francesi appartenuta a Jane W. Stirling, allieva di Chopin, che conservava numerose correzioni autografe del maestro; si tornava così alle origini, con qualche correzione in più, ma senza risolvere i problemi che le stesse prime edizioni presentavano, e qualcun altro creandolo; è comunque la migliore delle edizioni del suo tempo.
14. Strettamente legata alla precedente, anche se incompleta, è l’edizione Curci, Milano 1946-54, in 11 volumi, curata da Alfredo Casella e Guido Agosti; è pregevole anche se riproduce pregi e difetti del modello.
15. La prima edizione completa attuata secondo criteri scientifici è quella della Polskie Wydawnictwo Muzyczne, Cracovia 1949-64, in 21 volumi, redatta per conto dell’Instytut imienia Fryderyka Chopina di Varsavia da I. Paderewsky, L. Bronarski e J. Turczyński: l’edizione è stata condotta sugli autografi, sulle copie, sulle prime edizioni, tenendo anche conto delle migliori revisioni e di alcuni esemplari di prime edizioni appartenuti ad allievi di Chopin e che conservano segni e correzioni dell’autore; fornita di un esauriente commento è il massimo sforzo fatto nel campo dell’editoria chopiniana.
16. In corso di redazione dal 1962 è l’edizione Henle di Monaco curata da Ewald Zimmermann, ed è l’edizione che presenta i testi più autentici di cui oggi si disponga in edizioni complessive.”
E’ necessario ora sottolineare quanto per Chopin sia particolarmente evidente una questione che in realtà coinvolge tutte le fonti musicali di qualsiasi compositore: il problema delle fonti originali, del testo musicale autentico. Prima di ogni questione relativa all’esecuzione, per qualsiasi musicista esecutore è di estrema importanza il problema di avere un testo vicino o più vicino possibile alla volontà del compositore: e qui si apre il discorso delle edizioni musicali. Nel periodo storico che va dal Barocco al Romanticismo sono stati pubblicati diversi tipi di edizioni musicali: oggi, invece, si è affermato il testo originale, detto Urtext, che dovrebbe chiarire ogni questione e sciogliere ogni dubbio esecutivo, ma in realtà il problema è più complicato.
Prima dell’Ottocento, in realtà, non vi erano particolari esigenze editoriali per quanto riguarda le edizioni musicali: fatta eccezione per gli errori di stampa, l’editore stampava esattamente e direttamente quello che il musicista scriveva. Poi, nel primo decennio dell’Ottocento, arrivarono le prime edizioni di musiche del passato, nella quali si cercava di adattare il testo alle esigenze stilistiche e al gusto dell’epoca. Questo rapporto indiretto fra editore e compositore, unito a esigenze di carattere didattico, generò un elevato numero di pesanti correzioni per una serie di edizioni musicali in cui il testo originale, per essere più comprensibile, più facilmente eseguibile, più adatto al gusto “moderno”, era stato “arricchito” da aggiunte che riguardavano la dinamica, l’agogica, il pedale, il fraseggio. Diversi autori, curatori di molte edizioni musicali come Czerny, Moscheles, Tausig, Bülow, Riemann, Sauer, Longo furono animati da questo spirito didattico, ma anche da criteri del tutto personali, che applicarono senza ritegno.
Verso la metà dell’Ottocento però, in corrispondenza dell’uscita dei primi volumi della Bach Gesellschaft (il primo importante Urtext della storia della musica), cominciò ad affermarsi anche un diverso rispetto nei confronti dei testi musicali classici.. Un’intensa attività di interpretazione del testo proseguì comunque per decenni “in edizioni legittimate da una tradizione interpretativa codificata da leggendarie figure del concertismo poco versate nella differenzazione stilistica, dove prevale una maniera esecutiva unica, uno stile espressivo situato fra romanticismo e impressionismo, cui adeguare sia Bach sia Chopin sia Debussy: bellezza del suono, musicalità, sensibilità, ma anche genericità di fraseggio, casualità di pedale, fedeltà al testo subordinata a motivazioni temperamentali; talora affascinante con i grandi interpreti, questo stile rivela sempre più la sua inattualità”. Così sottolineava alcuni anni fa il musicologo e docente Riccardo Risaliti, che però segnalava anche la difficoltà per molti compositori di avere una fonte sicura e del tutto attendibile. Consigliava pertanto di studiare tutte le varie fonti musicali di un autore, manoscritte e a stampa: gli autografi, gli abbozzi, le annotazioni, le bozze di stampa corrette, le edizioni originali riviste dall’autore stesso, secondo una gerarchia variabile, sorretta da testimonianze, lettere, documenti. In particolare metteva in rilievo come Chopin rappresentasse in questo campo un vero caso limite, e fosse un compositore ”di cui non sarà mai possibile definire un testo definitivo, sia per la maniera con cui lavorava (vari collaboratori nella copiatura, scarsa attenzione nella correttura delle bozze), sia per la sua stessa concezione creativa, per cui egli considerava le sue composizioni un work in progress soggetto a continue modifiche.”
Infatti suonare Chopin è una delle operazioni più difficili che un pianista si trovi ad affrontare: è un impegno difficile perché Chopin suonava la sua musica e la insegnava, ma non ha mai scritto nulla in relazione alla sua concezione estetica, pianistica e didattica. Inoltre, anche se il musicista ebbe un gran numero di allievi, per diversi motivi non è mai nata una vera “scuola pianistica di Chopin”. La “chopinologia” più moderna, in realtà, ha operato in modo assai corretto: sono stati considerati moltissimi esemplari delle prime edizioni delle musiche di Chopin, appartenute agli allievi, agli amici, e alla sorella del compositore, con tutte le indicazioni dinamiche, agogiche e di fraseggio segnate da lui per eseguire le proprie composizioni, è anche stata accumulata una grande quantità di informazioni, dati e suggerimenti.
Il compito dei pianisti è quello di tenerne conto, perché Chopin non fu soltanto uno dei più grandi pianisti in assoluto nella storia della musica, ma fu, come è stato detto, il poeta del pianoforte.
schede opere di Chopin possedute dalla Casanatense