Un marinaio in biblioteca: filosofo, teologo domenicano e bibliotecario casanatense
La sala di consultazione generale della Biblioteca Casanatense è dedicata al domenicano padre Alberto Guglielmotti (Civitavecchia 1812 – Roma 1893), che ne fu bibliotecario dal novembre 1850 fino al 1859, anno in cui venne promosso a teologo casanatense.
Per rendere omaggio a questa singolare figura di religioso che può essere considerato lo storico e il filologo della Marina italiana, in questa stessa sala gli ufficiali della Regia Marina posero nel 1894, qualche mese dopo la sua morte, una lapide commemorativa su cui spicca un fregio bronzeo in figura di trofeo di mare: la prua, fasciata di alloro, di un’antica nave da guerra, armata di cannoni, intorno a cui stanno un tridente, dei remi, un’ancora, un timone.
In alto il fregio è coronato da un’aquila con le ali spiegate simbolo dell’intelligenza, mentre al di sotto del fregio si svolge un cartiglio che ricorda il titolo dell’opera più famosa del Guglielmotti: Storia della Marina Pontificia.
Nato in una città di mare, da una famiglia nobile con antiche tradizioni marinare, sin da ragazzo è fortemente interessato alle “cose di mare”, interesse ancor più accresciuto dall’educazione ricevuta dalla famiglia e dal suo maestro, di cui per altro non si conosce il nome, il quale usava condurre i suoi alunni ad ascoltare i racconti dei vecchi marinai: “…infino dalla prima età, tra il secondo e il terzo decennale di questo secolo, ho potuto raccogliere gli ultimi ricordi dei nostri veterani, attori e testimoni del secolo anteriore; e ne conservo tuttavia vivissima la memoria”.
Parimenti molto presto si manifesta la vocazione religiosa, desiderando vestire a soli quindici anni l’abito domenicano. A Roma in Santa Sabina prende i voti e cambia il nome secolare di Francesco in Alberto, in onore di S. Alberto Magno, maestro di S. Tommaso d’Aquino.
In seguito il padre Guglielmotti completa la sua formazione culturale e teologica prima nel convento della Minerva a Roma, poi a Viterbo e a Perugia, in un momento di particolare rinnovamento per l’Ordine domenicano che, dopo gli sconvolgimenti portati da Napoleone, aspirava a riconquistare quel primato intellettuale sempre riconosciutogli nei secoli precedenti.
Tornato a Roma, dove nel 1838 si laurea in filosofia e teologia, gli viene affidata la cattedra di Scienze fisiche e naturali nel collegio di S. Tommaso d’Aquino e nello svolgere questo incarico il Guglielmotti sarà guidato, come sempre, dal suo spirito forte e intraprendente: infatti, non essendo nel collegio alcun laboratorio per gli esperimenti, egli si rivolge direttamente al padre Ancarani, generale dei domenicani, dal quale ottiene 200 scudi per approntare l’apparato strumentale necessario, a cui si aggiungono anche gli strumenti astronomici appartenuti al prefetto della Casanatense padre Giovanni Battista Audiffredi (1714-1794) ed altri ancora che egli stesso costruiva impiegando materiale di uso comune.
Sono di questo periodo le Memorie delle missioni cattoliche nel regno del Tunchino o sieno brevi notizie degli atti dei martiri e delle persecuzioni… (Roma, 1844) ed altre opere ancora. Cura inoltre l’opera postuma dell’arcivescovo Annovazzi sulla storia di Civitavecchia, aggiungendovi lo Statuto comunale.
Con la nomina a priore del convento della Minerva e nel 1860 a quella di Provinciale Romano si chiude questa fase della sua vita. Nel 1863, spinto dal suo spirito avventuroso, intraprende alcuni viaggi per conoscere direttamente i luoghi dove si svolsero i fatti notevoli per la storia navale: Lepanto, Costantinopoli, Rodi, Gerusalemme, l’Egitto, Malta. Egli annota le sue impressioni in sei piccoli manoscritti che costituiscono il Giornale di viaggio.
Per la sua grande erudizione, poi, e per le sue vaste cognizioni, una volta tornato a Roma, viene aggregato al Collegio dei Filosofi alla Sapienza ed alle più importanti accademie. Sono gli anni questi in cui viene elaborata la sua principale opera che destò vasto consenso fra i contemporanei, in primo luogo per il metodo critico seguito dal Guglielmotti nel produrre le notizie più rare della storia nostra, raccoglierle dagli antichi scrittori, confortarle di autorevoli documenti; in secondo luogo per il lucido esame delle problematiche relative alla tattica e alla strategia ed infine per il forte senso della storia che diventa quasi un atto di fede.
L’altra opera di fondamentale importanza il Vocabolario Marino Militare, definito da Temistocle Mariotti “monumento storico e psicologico”, fu pubblicato soltanto nel 1889 con i tipi del Voghera, grazie all’interessamento di papa Leone XIII. Molti uomini d’armi, generali, ammiragli di qualsiasi fede furono suoi amici e lo stimarono grandemente; Nino Bixio, ad esempio, lo definì “il più grande scrittore di cose marittime che io mi conosca in Italia”.
Infine è d’uopo citare che la Marina italiana tra gli altri riconoscimenti ha voluto ricordare negli anni il frate marinaio dando il suo nome a due sommergibili: Guglielmotti I, varato nel 1916 e affondato per errore dall’unità britannica Cyclamen nel 1917, e Guglielmotti II, varato nel 1938 e affondato dal sommergibile britannico Unbeaten nel 1942. Anche nei momenti difficili della storia d’Italia il nome di Guglielmotti ha significato e testimoniato il tenace e coraggioso affetto del padre domenicano per il mare e per i marinai.
Il testo di questo editoriale è stato pubblicato in occasione della Mostra dal titolo “Il rancio di bordo” allestita in Casanatense per la Giornata Mondiale dell’Alimentazione 1992 patrocinata dalla F.A.O.
Per saperne di più:
Il rancio di bordo. Storia dell’alimentazione sul mare dall’antichità ai giorni nostri, Gaeta, Il Geroglifico, 1992